Stavolta ci concediamo un’eccezione. Vi proponiamo un testo scritto e pubblicato da altri, altrove. Nella fattispecie, “L’uomo che sapeva tutto” di Roberto Masi, autore che mi ha gentilmente concesso di riproporre sul mio blog il suo bellissimo testo sul genio di William Sidis.
Ecco a voi un post che avrei voluto scrivere io : )
Ox
Di uomini straordinari, diciamocelo, ne è pieno il mondo, ognuno con la propria storia da raccontare. La discriminante è sempre la stessa, l’impatto cioè che hanno avuto sulla società, talvolta memorabile e altre, senza alcuna rilevanza. Questo è forse il caso di William J. Sidis, una creatura incredibile, la persona con il Quoziente Intellettivo più alto mai rilevato nella storia dell’umanità, e destinato pertanto alla sofferenza in quanto uomo tra le scimmie.
Volendo giocare con i numeri, senza fare paragoni giacché le capacità soggettive sono sempre influenzate da molteplici fattori, si suppone che il QI di Albert Einstein si aggirasse tra i 160 e i 190: un valore altissimo se si considera che la media mondiale non oltrepassa i 100, mentre pare che quello di William J. Sidis fosse tra i 250 e i 300!
C’è una bellissima biografia romanzata che lo riguarda e che consiglio a tutti di leggere: La vita perfetta di William Sidis di Morten Brask; oltretutto la storia di questo personaggio ha ispirato anche il film Will Hunting interpretato da Matt Damon e Robin Williams che, a differenza del suo ispiratore, ha un bel finale positivo e ricco di speranza (perdonate lo spoiler).
Com’è facile intuire, il piccolo William mostrò fin da subito doti impressionanti. Fu in grado di parlare e scrivere correttamente l’inglese a pochi mesi di vita; imparò il latino in un anno e altre cose “fantastiche”. Figlio d’immigrati ucraini, è stato il più giovane studente che sia mai stato iscritto alla facoltà di Harvard. Già a otto anni, infatti, conosceva alla perfezione la logica aristotelica. Scrisse libri di astronomia, anatomia, diritto, geometria euclidea e chissà cos’altro in un disastro che, seppur offuscato dalla leggenda nascente, appariva scontato da questa assurda precocità.
Nella sua breve esistenza, William J. Sidis deve aver intuito cose che nessun uomo, forse, potrà mai comprendere. Una miriade di informazioni, assimilate in tempi troppo brevi per l’umana comprensione, ne hanno fatto un mostro agli occhi di coloro che, una volta oltrepassato lo smarrimento, si sono trovati fare i conti col proprio senso d’inferiorità. Egli era un essere superiore e come per altri prima di lui, il suo percorso terreno è stato breve e travagliato. Tuttavia, per quanto nel romanzo di Brask venga fuori un ritratto angosciante fatto di isolamento, la finzione letteraria va intesa come finalizzata allo scopo e certe vicende, come l’episodio (realmente accaduto) dell’innamoramento di William per Martha, sono forse la sua parte più umana. Se tutto in lui ha il sapore di un evento ultraterreno, di un errore della natura, ciò che riporta il personaggio alla sua dimensione di uomo è proprio la difficoltà di relazionarsi sfociata poi nell’eremitaggio domestico.
Sidis travalica perfino il concetto di Bambino Indaco. È l’antesignano di una meta evolutiva che quasi certamente l’umanità non raggiungerà mai se non attraverso l’Intelligenza Artificiale, ed è giusto, quindi, che questa creatura grandiosa si sia mantenuta distante dal teorizzare, per limitarsi all’apprendimento fine a se stesso: sembra che al momento della sua morte padroneggiasse più di quaranta tra lingue e idiomi. L’evoluzione può permettersi di affrontare salti temporali , ma non così estesi da travalicare le ere in soli 46 anni. In questo vedo la presunzione di molti eccellenti pensatori, alcuni dei quali da me apprezzati, che non si sono peritati nella stesura delle proprie opere a mostrarci la nostra pochezza con l’intento, malcelato, d’innalzare se stessi alla gloria eterna. In questo William J. Sidis dà una lezione da non sottovalutare, magari senza averne coscienza, ma in un contesto caratterizzato dalla scelta ch’egli fa, consapevole o meno, di non distinguersi nel disperato tentativo di appartenerci, io credo che ci abbia fatto un dono, ovvero quello di continuare a crescere come specie attraverso la comunione…
Il genio, a mio modo d’intendere le cose, non raggiunge mai tali estremi per divenirlo. È un insieme di fattori tra cui il talento, la curiosità, stimoli esterni favorevoli e perché no, anche un pizzico di egocentrismo che si uniscono per generare la meraviglia. Ma oltre a questo limite c’è l’abisso sconfinato delle nostre paure, della più cupa solitudine dettata dal senso di non appartenenza, di una superiorità inumana divenuta nullaosta per la sofferenza interiore. Pertanto, se penso a quest’uomo così dotato, la meraviglia iniziale sfocia nel lamento di una profonda pena in cui l’invidia del primo momento, se così si può definire, si trasforma attraverso la razionalità nel più dolce sollievo.
Tutte le persone di natura curiosa si affliggono davanti alle difficoltà di un argomento complesso. Chi non vorrebbe imparare a parlare correttamente una lingua sconosciuta in pochi mesi? Chi non comprendere la meccanica quantistica nelle sue più arcane sfumature, se non addirittura descrivere con precisione lo sconcertante enigma dell’entanglement? Ma in questo sogno di verità c’è tutta l’essenza dell’uomo, della sua capacità di desiderare, elevarsi e sognare, che alimentano senza sosta le nostre esistenze comuni per vivere, attraverso l’incompiutezza, la gioia del mistero. Per William J. Sidis forse tutto aveva un senso. Ogni cosa incasellata, pronta e illuminata nella sua mente perduta in un sapere assoluto, segreto in lui per una scelta affettiva verso quell’umanità che lo ha sempre respinto.
Dunque mi rallegro del fatto che talvolta sono costretto a rileggere la stessa pagina di un romanzo, attaccarmi ai traduttori digitali per cercare conferma su frasi banali di un inglese che stento a riconoscere, o abbandonare la speranza di comprendere un argomento inaccessibile alla mia mente. Vivo la mia curiosità come un dono per il quale non smetterò mai di ringraziare la natura benevola, figuriamoci che disastro sarebbe stato se la comprensione illimitata delle cose me l’avesse portata via…
William J. Sidis nacque a New York il 1 aprile 1898, ci lega la stessa data di nascita con molti anni di differenza nei quali il mondo non è riuscito a compensare il divario intellettivo tra noi. Morì a Boston nel 1944 a soli 46 anni per un aneurisma cerebrale, come se Dio avesse voluto cancellare ogni traccia di una mente a lui prossima.