“Sono passati più di 1.600 anni da quando Vegezio coniò il motto bellicoso «se vuoi la pace, prepara la guerra» – ha scritto alcuni giorni fa Francesco Palmas, in un illuminante quanto profondo editoriale sul quotidiano l’Avvenire. E sembra che il mondo continui imperterrito a dargli ragione, nonostante i tanti moniti di papa Francesco. Il Pontefice ha più volte espresso la sua contrarietà all’aumento delle spese militari, guerra in Ucraina o meno. Le tensioni sui bilanci della difesa sono una vera ‘pazzia’ per il Papa. Eppure, tutto sembra già preludere al peggio”.
Una cifra record per le spese militari
Nel 2021, le varie potenze mondiali hanno dilapidato in armi ed eserciti la cifra record di 2.113 miliardi di dollari, il 2,2% della ricchezza mondiale.
Si tratta di una cifra senza precedenti, tra l’altro certificata dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), il principale osservatorio mondiale sull’industria della difesa, nell’ultimo report “Trends in world military expenditure”. Una cifra che come detto rappresenta più del 2 per cento del Pil mondiale e che è aumentata dello 0,7 per cento rispetto all’anno prima. La metà di questa crescita è sostenuta dai Paesi della Nato.
Per contro, nello stesso anno, le spese globali per l’aiuto allo sviluppo non hanno superato i 179 miliardi di dollari. In onestà, anche in questo caso si tratta di una cifra senza precedenti. Ma se rapportata a quella per gli armamenti ci fornisce la misura esatta di quel che conta maggiormente al mondo.
Gli Stati Uniti, che guidano la top five dei Paesi che hanno speso di più, hanno comprato armi per 801 miliardi di dollari, con un aumento del 24 per cento in dieci anni delle spese di ricerca e sviluppo, a conferma del fatto che “si stanno concentrando maggiormente sulle tecnologie di prossima generazione – come ha affermato Alexandra Marksteiner, ricercatrice del programma Spesa militare e produzione di armi del SIPRI. “Il governo degli Stati Uniti ha ripetutamente sottolineato la necessità di preservare il vantaggio tecnologico dell’esercito americano rispetto ai concorrenti strategici”.
Dopo gli Usa: Cina, India, Gran Bretagna e Russia
In seconda posizione troviamo la Cina, che ha stanziato circa 293 miliardi di dollari con un aumento del 4,7% rispetto al 2020. Aumento registrato ininterrottamente negli ultimi 27 anni consecutivi. Cosicché, come dice Nan Tian, ricercatrice senior del SIPRI, “la crescente assertività della Cina all’interno e intorno ai mari della Cina meridionale e orientale è diventata uno dei principali motori della spesa militare in paesi come l’Australia e il Giappone. Un esempio è l’accordo di sicurezza trilaterale AUKUS tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, che prevede la fornitura di otto sottomarini a propulsione nucleare all’Australia per un costo stimato fino a 128 miliardi di dollari”.
Nelle posizioni successive troviamo India, Regno Unito e Russia, che insieme agli Stati Uniti e alla Cina pesano per il 62 per cento degli oltre due trilioni di dollari di spesa globale. E poi Francia, Germania, Arabia Saudita, Giappone, Korea del Sud, Italia… “Dietro queste cifre, una tendenza – scrive il quotidiano francese Le Monde – dalla metà del decennio precedente: il mondo si sta riarmando, dall’Asia-Oceania all’Africa passando per l’Europa, mentre il Medio Oriente e il Nord America, già sovra armati, segnano il passo. Questo è il settimo anno consecutivo di aumenti a livello mondiale, e la pandemia di Covid-19 non ha fermato l’escalation”. E questo è un dato di fatto che non possiamo trascurare, nemmeno se in questo momento è necessario che gli occhi di tutti noi restino puntati sullo scontro avviato dalla Russia il 24 febbraio scorso, l’infausta data dell’invasione dell’Ucraina.