Mentre la nostra attenzione è concentrata sulla guerra in Ucraina, in molte parti del mondo le disuguaglianze aumentano.
“La consapevolezza sta cambiando rapidamente e credo che siamo sull’orlo di una completa trasformazione della finanza. I dati sui rischi climatici obbligano gli investitori a riconsiderare le fondamenta stesse della finanza moderna. Ricerche di varie organizzazioni (…) rafforzano la nostra comprensione di come il rischio climatico avrà un impatto non solo sul mondo fisico, ma anche sul sistema globale che finanzia la crescita economica.”
Queste sono parole e concetti contenuti nell’edizione 2020 dell’annuale lettera che Lerry Fink, Ceo di BlackRock, la più grande società di gestione di capitali al mondo (quasi 7 mila miliardi di dollari in gestione), invia ai Ceo.
La posizione totalmente focalizzata sulla sostenibilità presa da questa lettera, che ha avuto molta eco sulle pagine dei media, anche in Italia, è stata purtroppo sintetizzata nel semplice annuncio che il fondo voterà contro i cda delle imprese che non fanno progressi sul clima.
Tuttavia, si tratta di una lettera che evidenzia molti quesiti e approfondisce molti aspetti essenziali per un approccio di lungo periodo. Per esempio, si chiede: le città saranno in grado di far fronte alle nuove necessità infrastrutturali mentre il rischio climatico ridisegna il mercato obbligazionario degli enti locali?
Cosa succederà ai mutui trentennali – un tassello chiave della finanza – se chi li eroga non è in grado di stimare l’impatto del rischio climatico su un arco di tempo tanto lungo, e se non sussistono opportunità di mercato per le assicurazioni contro incendi o inondazioni nelle aree interessate?
Cosa accadrà all’inflazione, e di conseguenza ai tassi d’interesse, se il costo del cibo aumentasse a causa di siccità e inondazioni?
Come possiamo costruire una crescita economica se i mercati emergenti vedono la propria produttività diminuire a causa di temperature estreme o di altri impatti climatici?
Stiamo affrontando il più grande dei problemi a lungo termine. Anche se non sappiamo ancora quali previsioni sul clima saranno più accurate, né quali effetti non abbiamo preso in considerazione, non si può negare la direzione verso cui stiamo andando.
“Ogni governo, azienda e azionista deve fronteggiare il cambiamento climatico” - scrive Fink - “Le prospettive di crescita di ogni azienda sono indissolubili dalla sua capacità di operare in modo sostenibile e di servire l'intera comunità dei suoi stakeholder. L'importanza di portare beneficio alle parti interessate e di perseguire uno scopo, rappresentano aspetti sempre più centrali del modo in cui le aziende definiscono il proprio ruolo nella società.”
La parola inglese che viene usata per parlare di scopo è purpose, che in italiano si traduce anche con fine, proposito, finalità, intento, intenzione, motivo, senso, obiettivo, compito, destinazione, vocazione. Tutti sostantivi che definiscono quella possibilità che ultimamente sta venendo invece rimossa dalle nostre teste e dai nostri cuori da un sistema che ci vorrebbe sempre più passivi e deresponsabilizzati rispetto a tutto quanto sta accadendo attorno a noi.
Invece ognuno di noi, compresi me e te, siamo chiamati ad assumerci la nostra responsabilità.
Dobbiamo sospingere verso il declino il tempo dell’accumulo e contribuire ad avviare il tempo della condivisione.
Le aziende di domani, così come le organizzazioni, dovranno possedere una maggiore comprensione delle vere nuove basi della produttività aziendale. Le imprese sono la principale forza che abbiamo a disposizione per affrontare le questioni urgenti che si pongono quotidianamente di fronte a noi e su scala planetaria.
Il momento per una nuova concezione del capitalismo è ora. Ma solo chi agirà sul serio, ispirato da una vocazione profonda al bene comune e non da un preconfezionato “purpose”, in futuro sarà premiato. Innoveranno davvero solo le aziende che muoveranno un autentico senso di gratitudine.