“Ecco la vera gioia nella vita: venire usati per uno scopo di cui voi stessi riconoscete il valore. Essere una forza della natura, invece di un piccolo agglomerato di fibre, eccitato ed egoista, pieno di disagi e lamentele, che brontola per il fatto che il mondo non si dedica abbastanza alla causa della sua felicità. Voglio essere utilizzato totalmente fin quando morirò, anche perché più duramente lavoro più a lungo vivo. Io gioisco per la vita in sé per sé. Per me la vita non è una candela corta: è una sorta di splendida torcia che voglio far bruciare il più luminosamente possibile, prima di consegnarla alle generazioni future.” (George Bernard Shaw
Trovo che questo brano sia molto vicino all’esperienza che incredibilmente ho potuto fare in questi giorni: incontrare Sua Santità il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso. Lo so…si è trattato solo di pochi istanti, del piccolo gesto come il contatto di una mano, di un fugace scambio di sguardi, di una benedizione.
Eppure…l’intensità di un attimo può ben valere il senso di una vita se vissuto con consapevolezza.
Premetto che non sono buddista ma nemmeno che…non lo sono. Che c’entra del resto? Quando leggo parole come queste “…finché esisterà lo spazio e finché vi saranno esseri viventi, fino ad allora, possa io rimanere in vita per cacciare la sofferenza del mondo”, per me è sufficiente per poter desiderare: anch’io così!
C’è per caso un Maestro di qualunque religione o un suo profeta che, se realmente tali, non abbiano vissuto mossi dalle stesse aspirazioni? Mi fa stare bene pensare di no, perché mi consente di accogliere tutto e tutti senza pensare a me e a ciò in cui credo come meglio di altro o altri.
Mesi fa il destino mi aveva messo un’opportunità lungo il cammino.
Un mio carissimo amico, Enzo, mi aveva chiesto se per caso conoscessi qualcuno che poteva facilitare il viaggio di Sua Santità il Dalai Lama che doveva rientrare a Milano in arrivo dalla Basilicata (dov’era andato per l’inaugurazione della Città della Pace, progetto voluto dal premio Nobel Betty Williams), sostenendone parzialmente o totalmente il costo. Il volo non poteva ovviamente essere di linea e per ragioni di orari, sicurezza, rituale, doveva essere organizzato nel rispetto di determinate caratteristiche. Ero rimasto stupito che né le istituzioni né alcuna compagnia aerea si fossero resi disponibili. Poi, visto che non siamo stati capaci nemmeno di offrire la cittadinanza onoraria, mi sono risposto da solo. Nemmeno mi ero capacitato del fatto che la delegazione potesse non essere auto-sufficiente per questa spesa. Poi ho pensato che non fossero fatti miei e che sarebbe stato interessante misurarsi con questa cosa. Dunque, mi sono detto: devi provarci tu!
Non è importante cosa sia successo e come, o chi abbia pagato e quanto, è invece interessante che sia successo quello che col mio amico Enzo desideravamo che accadesse. Ma non è questo che mi ha fatto riflettere. Ho invece potuto osservare come una persona, non buddista ma con sufficiente sensibilità per capire la grandezza dell’opera del Dalai Lama e il suo impegno, abbia deciso che sarebbe stato lui a sostenere i costi del viaggio col proprio denaro personale. E da qui sono maturate due osservazioni interessanti. Questa la prima: la ‘grandezza’ di un uomo è una misura che non può essere ridimensionata, in più o in meno, in funzione di ciò che tu credi della filosofia che guida la sua vita o degli obiettivi che egli si prefigge.
Se un uomo è grande, è grande e basta.
Riconoscere questo, rimettendo (almeno per il tempo di compiere un gesto) il proprio credo filosofico o religioso alla grandezza di un uomo che ne pratica (e addirittura predica e diffonde!) un altro, è a propria volta segno di grandezza; perché significa che si è ‘morti’ a una propria piccola-grande convinzione. E poco conta la disponibilità di denaro che uno possa avere, perché chi ha saputo guadagnarselo in abbondanza e onestamente ne conosce a sufficienza il valore per decidere di non sprecarlo.
Ma l’insegnamento più interessante è stato il secondo: quando ho scoperto che il Dalai Lama, in visita straordinaria ai terremotati dell’Emilia Romagna, ha donato loro una cifra pari a oltre il doppio di quanto gli era stato a sua volta donato per il volo. L’ho trovato un esempio interessantissimo di virtuosità nell’uso del denaro all’interno di un circuito economico ordinario. E’ come se la liberalità concessa da quell’uomo per il volo del Dalai Lama sia stata data, in verità, ai terremotati, grazie all’azione di facilitatore compiuta da Sua Santità. Un cosmo inferiore, per grande che già sia rispetto ai più, deve saper riconoscere chi gli è superiore, sostenendolo. Il cosmo superiore potrà nutrirlo con l’esempio e magari rendendolo ‘utile’ per la comunità. E torniamo così all’incipit della frase di George Bernard Shaw:
“Ecco la vera gioia nella vita: venire usati per uno scopo di cui voi stessi riconoscete il valore.
Tornato sulla Terra, mercoledì 27 e giovedì 28 giugno sono andato agli insegnamenti che il Dalai Lama ha dato al Forum di Milano. Due giorni con oltre diecimila persone a riflettetere sulla vacuità della vita, su come i fenomeni sorgano come originazione interdipendente così che nulla esiste solo di per sè. Una profonda riflessione sull’altruismo e sull’importanza di desiderare il bene per tutti gli esseri senzienti; e infine, una consapevolezza che dopo oggi mi apparterrà ancor più di prima: “non e’ che i fenomeni non esistono; non esistono per come ci appaiono, per come li percepiamo” (Dalai Lama).
Alcuni doni di Sua Santità, piccole pillole dense di saggezza, mi hanno confermato che la via giusta è la Via del Cuore: “L’unica cosa davvero importante nella vita è l’intelligenza. E’ l’intelligenza che ci permette di sviluppare un infinito sentimento di amore e compassione. E l’intelligenza, per essere costruttiva, deve essere fondata sul buon cuore e su sani principi.”
“Questa vita è molto breve. Non c’è certezza. Dobbiamo praticare l’altruismo subito. Ora!”
“La compassione di parte appartiene anche agli animali. La compassione universale è possibile solo agli esseri umani.”
“Abbiamo il diritto di non soffrire e di essere felici.”
“Per prima cosa dobbiamo abbandonare tutto ciò che non è meritorio. Contrariamente, questo ti porterà alla sofferenza.”
Per chiudere, una breve storia della vicenda umana del 14esimo Dalai Lama.
Nel 1937 un gruppo di monaci Sera, guidati da Lama Kewtsang Rinpoce, in base ad alcuni indizi supportati da Nechung, l’oracolo di Stato, raggiunse Taktser, dove si trovava il monastero dal tetto verde giada e oro, e la casa del piccolo Lhamo, dalle tegole turchese. Le tre lettere infatti equivalevano alle iniziali del villaggio, del monastero e della regione di Amdo. I monaci mantennero il segreto sulla propria identità, lo stesso Lama Kewtsang era travestito da servo, ed esaminarono il bambino fino a che si convinsero che si trattasse effettivamente della reincarnazione del Grande Tredicesimo. In quel tempo l’Amdo era sotto il controllo di Ma Lin, un Signore della guerra alleato con il cinese Chiang Kai-shek e governatore della provincia per ordine del Guomindang, a cui la teocrazia di Lhasa pagò un cospicuo riscatto per permettere al fanciullo di raggiungere la capitale.
Una volta condotto al Potala, residenza dei Dalai Lama e cuore del governo e della religione del Tibet, nel 1939, il bambino fu intronizzato come Quattordicesimo Dalai Lama durante una solenne cerimonia in cui fu ribattezzato Jetsun Jamphel Ngawang Lobsang Yeshe Tenzin Gyatso, ovvero Sacro Signore, Gloria gentile, Compassionevole, Difensore della fede, Oceano di saggezza. Da allora i tibetani si riferiscono a lui come Yeshe Norbu, ovvero «Gemma che realizza i desideri», o semplicemente Kundun, «la Presenza». Oggi, nel mondo occidentale è spesso chiamato Sua Santità il Dalai Lama, stile usato nel suo sito ufficiale.