L’incontro organizzato a Fiume Veneto da PordenonePensa, in collaborazione con Hidra SB, è stato un’occasione per confrontarmi con un pubblico attento e sensibile sul grande tema della sostenibilità nelle organizzazioni.
Una serata per ragionare insieme
Intervistato dalla giornalista Marianna Maiorino, ho avuto il tempo e la possibilità di ripercorrere alcune delle percezioni e intuizioni avute in passato e che hanno guidato molte delle mie scelte e azioni. Ho raccontato per esempio come a un Salone del Risparmio di parecchi anni fa, un’edizione dedicata alla “finanza sostenibile”, tale dicitura causò in me una reazione forte, istintiva: se esiste (o a maggior ragione se deve essere creata) una finanza “sostenibile”, allora è perché in larga parte essa non lo è. Ma io non voglio affatto vivere in un mondo in cui la finanza non è sostenibile, è una questione di buon senso. E non mi limitai a pensarlo, lo esternai anche sul palco dell’apertura dell’evento, incrinando l’incanto vagamente autocelebrativo di quel titolo così “visionario”.
Già allora, iniziava a vacillare, in me come nel resto del mondo, la presa di quel paradigma che ormai si è compiutamente rivelato per ciò che era davvero, ossia un modello erosivo e dannoso. Per secoli abbiamo vissuto infatti un approccio all’economia lineare e estrattivo. Ci siamo comportati come se le risorse fossero illimitate, o che comunque si rigenerassero indipendentemente dalla nostra domanda alla fonte di quella o questa risorsa.
Poi abbiamo vissuto alcune consapevolezze nuove rispetto al passato. Abbiamo scoperto che le risorse sono finite, nel senso della finitezza. E che anche quelle capaci di rigenerarsi, per farlo hanno bisogno di tempi che non sono compatibili col paradigma estrattivo. Abbiamo compreso che nel sistema chiuso in cui viviamo what goes around comes around, ossia che ciò che mettiamo in circolo, quando buttiamo la carta per terra o scarichiamo rifiuti in mare o creiamo ambienti di lavoro oppressivi per le persone, prima o poi ci tornerà indietro, avrà sempre un prezzo. Siamo interconnessi, con tutti e con tutto.
Una provocazione per il pubblico
Un sistema chiuso, di risorse finite, dove siamo tutti interdipendenti. E’ questo il passaggio in cui ho iniziato a rivolgermi direttamente al pubblico presente alla serata, provando a stuzzicare, a provocare, a capire chi davvero possa pensare di poter vivere insostenibilmente in un simile contesto. Ho condiviso che la motivazione profonda di essere su quel palco, quella sera d’estate, era davvero semplice: perché la mia qualità della vita, il mio benessere, dipendono dagli altri.
Credo che vada lasciato un segno. Delle vostre aziende – ho argomentato rivolto a pubblico presente – dovremo parlare un giorno come si parla dell’impresa di Olivetti. Lui aveva capito che la ricchezza della sua azienda dipendeva dalla prosperità della sua comunità. Non dal mero profitto, ma dalla qualità della vita di chi, a vario titolo, era coinvolto nei destini aziendali. Qualità che diventa quindi attenzione all’altro, cura del territorio. Ma cosa ci manca per ragionare e agire tutti quanti in questa maniera? Si tratta di un livello di coscienza da conquistare, perché nonostante le nuove consapevolezze che si sono fatte largo, tuttora il sistema ci induce a chiederci: ma io che ci guadagno a comportarmi in questa maniera?
Senza conquistare nuovi livelli di consapevolezza, continueremo a rincorrere all’infinito dei problemi da risolvere. Oggi con l’economia circolare proviamo a mettere un freno all’invasione e ai danni della plastica, che a ben guardare è stata introdotta soltanto pochi decenni fa. E già ora abbiamo i problemi del domani da affrontare, come lo smaltimento dei prodotti elettronici. Se faremo un salto di coscienza, cambieremo anche il modo di crearli, i problemi del futuro, prevenendoli in parte, o integrando fin da subito risposte e soluzioni alle problematiche che inevitabilmente dovremo affrontare più avanti. In questo paradigma tutti i nostri talenti, di imprenditori, di lavoratori, di liberi cittadini, saranno anche al servizio della collettività.