Nell’epoca dominata dal LOL, ridiamo di tutto e senza ritegno né misura, dal racconto d'estate di Elkann al presidente degli USA che stringe la mano a un amico immaginario.
È una notizia di qualche settimana fa quella che riguarda il fondatore di Tesla, il quale, nel rispetto della promessa anticipata lo scorso anno, ha venduto quasi tutte le sue proprietà e adesso vivrebbe in una box house, cioè una sorta di casa prefabbricata pieghevole delle dimensioni di un monolocale realizzata da Boxabl, una startup del settore immobiliare, affittata dalla sua compagnia SpaceX.
È stato lo stesso Musk a rivelare di possedere oramai solo una casa nella Bay Area e di abitare, in affitto, in una box house a Boca Chica, dove la sua SpaceX produce le sue astronavi. “L’unica casa che possiedo è la casa degli eventi nella Bay Area - ha scritto Musk su Twitter -. Se la vendessi, la casa non verrebbe più usata, a meno che non venisse comprata da una grande famiglia, cosa che potrebbe accadere un giorno”. Si tratta di una proprietà di 47 acri con una casa di 1.500 mq, dotata di 9 camere e 10 bagni.
Solo pochi giorni dopo ha ufficializzato di averla messa in vendita al di prezzo 37,5 milioni di dollari. “Ho deciso di vendere la mia ultima casa rimasta. Ha solo bisogno di una famiglia numerosa che vada a vivere lì. È un posto speciale”.
La notizia è stata riportata dai principali media nazionali e internazionali che hanno messo l’accento sul dato di fatto che Elon Musk, notoriamente uno degli uomini più ricchi del mondo, il terzo nella classifica real time di Forbes, con un patrimonio di oltre 160 miliardi di dollari, oggi viva in un monolocale di 37 metri quadrati.
Ma la vera notizia, a mio parere, è la ragione per la quale quest’uomo eccentrico quanto visionario dopo la prima proprietà venduta nel 2019, nell’ultimo anno abbia liquidato altre sei case, per un totale stimato di 114 milioni di dollari. “Vendo tutto. Mi tengo solo i capitali per creare una città su Marte” - aveva detto in un’intervista a Mathias Döpfner pubblicata da Repubblica - Tutto quello che desidero possedere sono le azioni di Tesla e SpaceX. Se falliscono, anch’io personalmente fallisco”. E poi, in un podcast, aveva anche aggiunto “Penso che i beni ti appesantiscano”.
Scelte di questo tipo, così estreme e per giunta da parte di uno degli uomini più ricchi del pianeta, potrebbero far pensare all’affascinante concetto scandinavo di “logom”, che si può tradurre grossomodo come “il minimo indispensabile” o “la giusta quantità” e in generale richiama a una visione del mondo in cui l’individuo tende a quella libertà emotiva che deriva dal non caricarsi eccessivamente di proprietà, i cui benefici sarebbero inferiori alle preoccupazioni e impegni che portano in dote come diretta conseguenza.
Allargandolo l’interpretazione di logom dal micro (l’individuo) al macro (la società), si tratta a mio avviso di un concetto da cui potremmo trarre enorme ispirazione nel periodo storico in cui viviamo. E’ fuor di dubbio che l’ossessione verso il denaro abbia segnato irrimediabilmente la storia umana, col fine di perseguire appunto quantità spropositate di beni, oltre che ovviamente il potere che ne deriva. E che oggi stiamo facendo i conti con i danni che questo sistema del profitto a ogni costo ha generato sul Pianeta, apprestandoci a pagare un conto epocale e spaventoso. Riallinearci come collettività al concetto della “giusta quantità” – prodotta, consumata e prima ancora anche desiderata – sarebbe una scelta per certi versi senza precedenti e di cui probabilmente abbiamo oggi un disperato bisogno.
Ma nel caso di Musk dubito si tratti di un richiamo alla “moderazione” sottesa a questo concetto nordico. Credo invece si tratti, assai poco moderatamente appunto, di una delle tante conseguenze della forza travolgente dei sogni di un individuo, un uomo che potrebbe avere tutto sulla Terra e - forse anche per questo, chissà - sogna un altro pianeta: Marte, la sua ossessione, il puntino nel cielo da raggiungere e colonizzare. Per costruire un futuro migliore, abbiamo certamente bisogno anche di questi slanci, di queste tensioni visionarie radicate nell’idea di perseguire l’impossibile. E poi diciamocelo: a che servono le case a uno che costruisce astronavi?