In un recente post abbiamo parlato dell’Industria 5.0 e del ruolo primario che ha il concetto di centralità dell’individuo in questo step evolutivo dei modelli produttivi industriali. Abbiamo sempre sostenuto che abbiamo bisogno di una evoluzione e di un ecosistema, variegato e propositivo, in grado di sostenerla. Il suo sviluppo è il cuore della sfida contemporanea e non mancano i segnai incoraggianti in questa direzione.
Abbiamo bisogno di sviluppare degli ecosistemi
“Associazione di elementi in un complesso organico e funzionale”, questa la definizione (per estensione) del termine ecosistema. Per innovare i nostri modi di produrre, consumare, viaggiare, vivere nel senso più rotondo possibile del termine, dobbiamo a mio avviso cacciarci in testa una volta per tutte che ogni atto, a qualunque livello, può contribuire al benessere dell’insieme.
Questo punto di vista include persino le azioni più minute e trascurabili. L’altro giorno in aeroporto un’assistente di terra ha aperto il mio documento e mi ha fatto notare che nella foto ero parecchio più sorridente di quanto lo fossi dal vivo quella mattina. Mi ha spiazzato. E naturalmente fatto sorridere. Soprattutto, mi ha ricordato una volta di più che la vita non è riducibile a una compravendita costante. Non è ovviamente il suo lavoro portare buonumore ai passeggeri in attesa di un imbarco su un velivolo. Ma l’ha fatto per la semplice ragione che non siamo (o non dovremmo essere) macchinette che erogano servizi in determinati orari della giornata, bensì esseri umani che interagiscono costantemente e per infinite ragioni diverse. A ben pensarci, è questo tipo di atteggiamento verso l’altro che vorrei portare nel “complesso organico e funzionale” di cui sopra.
Ho l’impressione che la distanza tra il livello micro, per esempio della qualità delle interazioni umane, e quello macro, come quello dei mastodontici sistemi di produzione, sia meno sconfinata di quanto ci sembri. Credo infatti che a tutti i livelli sia sempre più evidente un crescente bisogno di cambiare prima di tutto la nostra lettura della realtà. Di dotarci di nuovi strumenti, cognitivi e etici, sia per interpretare ciò che accade, sia per progettare gli accadimenti. Poco importa che si tratti di piani industriali o di una prosaica interazione sociale. A questo filo conduttore possono ispirarsi iniziative molto diverse e distanti tra loro, ma che trovano tutte cittadinanza nel processo di evoluzione in corso.
Il più grande programma europeo di supporto per le imprese sociali
A questo proposito ho parlato recentemente di Sure 5.0, un progetto in cui i grandi gruppi industriali si fanno promotori del cambiamento presso altre aziende e a sostegno dei loro piani di Industry 5.0, un’iniziativa che ragiona chiaramente in termini di sviluppo di un ecosistema. Oggi ci spostiamo sul terreno delle imprese sociali con il progetto SocialTech for Europe for Resilient and Responsible Ecosystems, co-finanziato dall’Unione Europea e coordinato da Euroclusters, Fondazione Giacomo Brodolini srl SB e Torino Social Impact.
SocialTech4EU rappresenta il più grande programma di supporto e formazione per le imprese sociali in Europa. Startup, piccole e medie imprese sociali hanno necessità di rafforzare la propria resilienza, competitività e capacità di innovazione. E in quest’ottica potranno partecipare al bando di SocialTech4EU rivolto sia a quelle imprese sociali in cerca di percorsi formativi, sia a tutti gli stakeholder interessati a qualificarsi e lavorare nel campo dell’economia sociale. Ciò che trovo molto intrigante di questa iniziativa è la logica evolutiva: non soltanto le imprese e startup con mission a impatto sociale potranno concorrere per l’assegnazione di fondi destinati all’innovazione (fino a 20 mila euro per azienda, 20 aziende selezionabili) o all’accelerazione (fino a 35 mila euro per ogni startup, fino a 10 startup selezionabili) per l’anno in corso, ma saranno eleggibili per partecipare nuovamente, ed eventualmente aggiudicarsi nuovi finanziamenti, anche l’anno prossimo. Una logica pienamente in sintonia con le necessità evolutive dei sistemi: i finanziamenti servono a mappare l’esistente, a selezionare i percorsi e le progettualità migliori, quindi a creare contatti e relazioni destinate a durare negli anni.
Pensare una nuova economia
Soltanto ragionando in questo modo possiamo ambire a portare reale innovazione nei nostri sistemi produttivi, accantonando la logica dell’una tantum, dei getti di denaro estemporanei, a favore di quella della creazione di piattaforme che evolvono step by step, insieme ai diversi nodi che compongono la rete.
Insieme al bando è stato inoltre pubblicato un invito sempre aperto, rivolto a stakeholder e fornitori che sono interessati a lavorare anche nel settore dell’economia sociale. L’atteggiamento è quello di aprire le frontiere, anzi di negarle in toto, a favore di una visione appunto ecosistemica che possa intercettare e mettere in relazione il potenziale per il settore di entità quali enti di formazione o ricerca, università, incubatori e acceleratori, provider tecnologici e altre società che a vario titolo possono contribuire alla crescita dell’insieme sulla strada della transizione green e digitale. Un modo di fare economia, anzi di pensare economia, che finalmente sta prendendo piede in termini concreti.