Giovani e automobili, un amore in crisi?

“Se non siamo guidati dai nostri clienti, nemmeno le nostre auto lo saranno”. Questa frase, attribuita una quindicina di anni fa a un manager della Ford, ben simboleggia il sentire dell’epoca sugli enormi cambiamenti che si apprestava ad affrontare l’industria automobilistica e sulla necessità di allinearsi al sentire delle persone. Oggi lo scenario è frastagliato e offre diversi spunti di riflessione, specie per quanto riguarda i giovani.

 

Per i giovani la patente non è più una priorità

L’American Automobile Association, praticamente l’Aci statunitense, ha condotto una ricerca scoprendo che ben il 44% dei neomaggiorenni non ha una vettura e che il 39% utilizza metodi di trasporto alternativi. Mentre i giovani americani percorrono in totale meno chilometri in macchina rispetto agli anni Novanta, nella fascia di età successiva, dai 25 ai 38 anni, l’accesso all’utilizzo dell’auto non è cresciuto rispetto ai dati del 1980, è anzi addirittura calato di un punto percentuale. Anche in Europa si evidenzia una situazione simile, un rilevante e misurabile allontanamento delle nuove generazioni dall’automobile. Sono le avvisaglie di un rapporto in crisi?

Scrive l’Economist: “poche tecnologie hanno segnato il Novecento più dell’automobile. In apparenza la storia d’amore tra le persone e le automobili private continua anche in questo secolo. Il numero di automobilisti sulle strade del mondo continua ad aumentare quasi ovunque. La distanza percorsa dagli automobilisti statunitensi ha raggiunto un nuovo picco nel 2022, secondo i dati della Federal Highway Administration. Ma alcuni segnali suggeriscono che la situazione sta cambiando. Un tempo la patente di guida era un rito di passaggio quasi universale verso l’età adulta. Oggi la ignora una minoranza sempre più nutrita di giovani o si oppone a essa attivamente, fino ai vent’anni e oltre”.

Un trend evidente anche in Europa, confermato dai numeri. “Nel Regno Unito la percentuale di adolescenti in grado di guidare si è quasi dimezzata, passando dal 41 al 21 per cento negli ultimi vent’anni. Se si considerano tutti i paesi dell’Unione europea, ci sono più automobili che mai. Eppure, anche prima che i lockdown per il covid-19 svuotassero le strade, la distanza media percorsa in ciascun paese era diminuita di più di un decimo dall’inizio del millennio. Anche in Germania, dove il motore a combustione termica è uno status symbol, gli automobilisti diminuiscono.”

E nonostante l’anima rombante della tradizione nostrana, neppure l’Italia è esente dal fenomeno. Oggi anche per i nostri ragazzi la patente non è più tra le priorità. Secondo una ricerca di facile.it il numero di giovani neopatentati italiani diminuisce infatti anno dopo anno. Giusto per dare un’idea dei numeri, nel 2016 quelli tra i 18 e i 19 anni erano stati in poco più di 280 mila, oltre l’8% in meno rispetto al 2012. E la patente viene conseguita sempre più tardi, in media oltre i 22 anni di età.

 

Le possibili ragioni di un allontanamento

È ovviamente molto difficile affermare con certezza le ragioni per le quali i giovani adulti non subiscano più il fascino di possedere un mezzo di trasporto. I costi di acquisto e mantenimento di un’automobile. Una diversa sensibilità verso l’ambiente. Un profondo cambio di abitudini e del costume, che si palesa anche in una riduzione degli spostamenti individuali.

L’Economist individua in Internet una delle possibili cause che potrebbero aver influito a determinare questo cambio di rotta. “Più è possibile fare acquisti online o guardare film in streaming a casa, meno c’è bisogno di prendere l’auto per andare in città”. Tuttavia, anche l’aspetto economico pesa, e parecchio. In generale guidare è oggi molto più costoso cosicché occorre considerare sia l’aumento dei lavori precari o mal retribuiti, come anche le difficoltà a comprare casa nei centri urbani, l’aumento dei costi assicurativi per i giovani conducenti, ma anche una crescente disponibilità di app come Uber.

Dal punto di vista dell’evoluzione culturale, un importante input è dato anche dalla preoccupazione per il cambiamento climatico, che fa crescere il sostegno a quelle politiche che disincentivano l’uso delle auto private, approvate nelle città di tutto il mondo. Da New York alla Norvegia, sono sempre di più le amministrazioni che approvano leggi contro le automobili, eliminando parcheggi, vietando l’accesso ad alcune strade e cambiando le regole di pianificazione urbana per favorire i pedoni. Se questo modello dovesse persistere, è la conclusione del periodico, il Ventunesimo secolo potrebbe rivelarsi il punto di massimo splendore dell’automobile, ma anche l’anticamera del suo declino.

 

Cambio di sensibilità o scelta obbligata?

Senza troppo avventurarci in scenari complessi e remoti, resta il punto fondamentale delle motivazioni profonde che portano, qui e ora, i giovani ad allontanarsi dal mito del mezzo privato e dal conseguimento della patente, che per generazioni ha significato autonomia, libertà di movimento e indipendenza. Come detto, si tende a riconoscere in questa tendenza l’impatto di un forte cambiamento nella sensibilità delle nuove generazioni, in linea con le politiche urbane che tendono a limitare la circolazione delle auto nelle grandi città, e in generale a vedervi uno spirito del tempo, per così dire, più attento alle emissioni e incarnato dai giovani e giovanissimi di oggi.

Eppure ci sono indicazioni, come la ricostruzione sul tema della no profit statunitense Brookings Institution, che la ragione principale sia più prosaicamente, e per larga parte, di natura economica. Secondo l’organizzazione, non ci sarebbero infatti fin qui prove solide dal punto di vista economico di un cambio radicale di preferenze da parte delle nuove generazioni. Ci sarebbero al contrario molti trend contemporanei a supporto della spiegazione “materiale”: crescita del costo delle vetture, del carburante e delle assicurazioni, aumento del lavoro precario, indebitamento o stipendi inadeguati al costo della vita, una notevole difficoltà nell’acquisto della prima casa. Un contesto che genera altre differenze rispetto alle generazioni precedenti, come lo spostamento in avanti dell’età in cui Millennial e Gen X decidono di formare una famiglia.

L’allontanamento dei giovani dall’automobile in quest’ottica andrebbe dunque inquadrato nel contesto più ampio: si tratta di generazioni che rispetto a quelle precedenti hanno meno risorse, meno certezze e meno potere d’acquisto. Se questa fosse la motivazione principale, anziché una nuova sensibilità verso l’impatto ambientale e collettivo degli spostamenti privati, non ci sarebbe di che gioire appieno, neppure per gli urban planner che limitano le città alle vetture per ragioni ambientali e di qualità della vita.

Certo, i giovani sono più interessati alle politiche ambientali e al proprio impatto ambientale rispetto alle generazioni precedenti. Ma questo non si traduce necessariamente in radicali cambi di abitudini o prospettive quando vengono considerate le circostanze di vita, che rappresentano ovviamente il perimetro entro cui gli individui possono fare delle scelte. Se un futuro meno auto-centrico e meno inquinante è desiderabile, e desiderato in effetti da milioni di giovani, fa una enorme differenza che sia influenzato da una serie di libere scelte che poggiano su nuove sensibilità, piuttosto che da uno dei tanti fardelli contemporanei che gravano sulle spalle delle generazioni più giovani.