Nell’epoca dominata dal LOL, ridiamo di tutto e senza ritegno né misura, dal racconto d'estate di Elkann al presidente degli USA che stringe la mano a un amico immaginario.
L’aggettivo sostenibile, oggi entrato prepotentemente nel nostro lessico quotidiano tanto da diventarne quasi un simbolo grazie alle recenti manifestazioni fatte a livello planetario dai giovani e dagli studenti che si riconoscono nella figura di Greta Thumberg, ha iniziato a esistere a partire dagli ultimi anni del secolo scorso.
Con buona probabilità il primo documento ufficiale in cui si è iniziato a parlare di sviluppo sostenibile, è la risoluzione 38/16 adottata nel 1983 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che con quel documento istituivano ufficialmente la Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo (WCED, World Commission on Environment and Development) alla quale affidavano la compilazione di un rapporto (Rapporto Brundtland) nel quale il tema viene definito come sviluppo che “soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.
Il percorso di affermazione prosegue, nel 1991, con la pubblicazione di “Caring for the Earth: A Strategy for Sustainable Living”, una strategia definita da IUCN (International Union for Conservation of Nature), UNEP (United Nations Environment Programme) e WWF (World Wide Fund For Nature) che fornisce un’ulteriore definizione: “il soddisfacimento della qualità della vita, mantenendosi entro i limiti della capacità di carico degli ecosistemi che ci sostengono”.
Le definizioni nei due documenti sono parzialmente diverse: il Rapporto Brundtland si concentrava sul legame fra il soddisfacimento dei bisogni umani e la “responsabilità intergenerazionale”, la strategia “Caring for the Earth: A Strategy for Sustainable Living”, al contrario, sottolinea l’importanza del miglioramento della qualità di vita dell’uomo, nel rispetto della capacità di rigenerazione della Terra.
Al di là delle diverse sfumature che ha assunto nel corso del tempo, sustainability è, in ogni caso, l’idea che ogni scelta adottata per soddisfare un’esigenza attuale comporta anche degli effetti futuri. Il concetto ha superato i temi ambientali ed ecologici finendo per estendersi a molti altri settori tra i quali, in particolare, il settore dell’economia e dell’impresa. È nata dunque la sostenibilità di impresa o Corporate Sustainability, vale a dire l’approdo a cui devono condurre tutte le azioni poste in essere nell’ambito della Responsabilità sociale dell’impresa. Negli anni si è infatti diffusa la consapevolezza che le imprese, oltre al profitto debbano perseguire anche altri interessi essendo, in primo luogo, formazioni sociali che operano in una data comunità e che possono contribuire a segnarne i destini sul piano economico, sociale, ambientale.
Responsabilità sociale d’impresa significa proprio questo: affiancare alla responsabilità economica anche una responsabilità collettiva, che crei valori tangibili e intangibili, per tutto ciò che sta intorno all’azienda. Perseguire l’obiettivo di diventare un’impresa socialmente responsabile carica, ovviamente, il management delle società di ulteriori responsabilità nelle scelte produttive e di business, responsabilità che richiedono, oltre che competenze strettamente economiche e manageriali, anche una rinnovata sensibilità ambientale e sociale.
Qual è lo strumento cognitivo che ci permette di comprendere quali effetti le nostre scelte produrranno nel futuro? La consapevolezza o Awareness. La consapevolezza è, infatti, il filtro cognitivo che permette agli individui e alle formazioni sociali, comprese le imprese, di orientare il proprio agire verso la Sustainability.
Diventare consapevoli degli effetti prodotti dalle nostre azioni sui sette livelli da cui dipendono e con cui interagiscono le nostre esistenze; quello che in Economia 0.0, ispirata ai principi dello Sferismo, io ho definito nel modello delle 7P e nel relativo Index: Person, People (l’Umanità), Partnership (le Relazioni), Profit (il Giusto Profitto), Prosperity (da non confondere con la ricchezza), Planet e Peace, per me significa adoperarsi per l’Innovability, cioè Innovation for Sustainability.