Mentre la nostra attenzione è concentrata sulla guerra in Ucraina, in molte parti del mondo le disuguaglianze aumentano.
Anche domenica scorsa, come tutte le domeniche, mi sono preso il tempo per leggere le poche righe intitolate "breviario", che il cardinal Gianfranco Ravasi pubblica sulla prima pagina dell'inserto domenicale del Sole 24 Ore. Lo faccio perché in genere quelle poche righe sono sempre molto intense e per questo offrono un punto d'osservazione altamente significativo sul quale mi piace soffermarmi a riflettere. Ma devo dire che in quest’ultimo caso le corde che hanno fatto risuonare, a distanza di tante ore, vibrano ancora. Perché?
Perché trattava dell'anima, un argomento che non smette di affascinare e di essere indagato dagli uomini di qualsiasi latitudine, epoca e religione. Infatti, non c’è popolo presso il quale non vi sia la nozione di questo elemento “animatore” del corpo e in qualche modo distinto da esso. Anche se magari variano le concezioni relative alla sua natura, al numero, alla sua origine e al suo destino, nell’accezione più generica e nella coscienza comune, l’anima “è il principio vitale dell’uomo, di cui costituisce la parte immateriale, che è origine e centro del pensiero, del sentimento, della volontà, della stessa coscienza morale.”
Dunque, a conclusione della sua breve dissertazione sui confini infiniti dell’anima il cardinale propone ai suoi lettori una citazione dello scrittore Michael Ende che a sua volta riporta il detto di un indigeno di una tribù primitiva brasiliana: "Siamo andati così tanto avanti in questi anni che ora dobbiamo fermarci per consentire alle nostre anime di raggiungerci".
Non trovate anche voi che si tratti di una affermazione semplice eppure carica di un potere figurativo immenso? Non trovate anche voi che su qualunque aspetto di questa nostra epoca andiamo rivolgendo lo sguardo, esso si presenti sempre più opaco proprio per l’assenza manifesta dell’anima? Le relazioni umane di ogni ordine e grado sembrano regolate solo da dinamiche di reciproca sopraffazione il cui fine ultimo è l’affermazione del proprio individualismo soverchiante.
La politica sembra basarsi solo sul moto continuo di una macchina del fango che punta a tenere l’attenzione del pubblico focalizzandola sull’aspetto superficiale di un dibattito che si occupa più dei politici come personaggi che dei loro programmi di governo dello Stato e delle persone che lo compongono e che rappresentano. Giornali, media e social media sembrano una moderna torre di babele in cui ogni individuo sfoga il proprio desiderio di supremazia parlando le molte lingue dell’odio.
Lo sviluppo tecnologico sembra proporre un futuro in cui le macchine che stiamo costruendo e allenando, saranno sempre più performanti, intelligenti, risolutive in ogni ambito della nostra vita rispetto alla nostra umanità che stiamo sempre più automatizzando, privandoci volontariamente della nostra divina tecnologia, quella che abbiamo ricevuto in dono alla nascita e che non ci curiamo di allenare quotidianamente. Che ci siamo persi per strada mentre correvamo incontro al solo desiderio di soddisfare, di caso in caso e di volta in volta, il nostro narcisismo o il nostro edonismo o semplicemente il nostro pressappochismo.
Siamo andati così tanto avanti in questi anni che ora dobbiamo fermarci per permettere alla nostra anima di raggiungerci.
Siamo andati così tanto avanti in questi anni, irretiti dalle progressioni numeriche del 3.0, 4.0, che ci fanno sentire indietro, in ritardo, in una corsa contro il tempo che percepiamo sempre più serrato e che ci affanna.
Siamo andati così avanti in questi anni e lo faremo sicuramente anche nei prossimi, ma se non ci prendiamo un momento 0.0 la nostra anima non avrà il tempo per ricongiungersi a noi.