Avete presente il trittico della scimmia che non vede, quella che non sente e quella che non parla? E’ ciò che mi è venuto in mente quando ho visto il nuovo non plus ultra in fatto di cuffie per ascoltare la musica, 900 euro circa il costo, in uscita a gennaio 2023 in Cina e a marzo negli Stati Uniti, Regno Unito, Hong Kong, Singapore.
Una museruola hi-tech per respirare meglio
Piatto forte di queste cuffie non è il pur (suppongo) evolutissimo sistema di cancellazione del rumore esterno e la conseguente elevata qualità del suono, bensì una feature decisamente più particolare: un sistema integrato di filtraggio dell’aria. Ecco spiegato perché queste cuffie siano prodotte da un noto brand specializzato in qualità dell’aria negli ambienti.
In sostanza, si tratta di un dispositivo collegabile ai due lati delle cuffie che passa davanti al naso e alla bocca, filtra l’aria e la restituisce pulita, senza entrare direttamente in contatto con il viso. Questa tecnologia, frutto di sei anni di sviluppo, a dire del brand è stata testata a Pechino, notoriamente una delle città più inquinate del mondo, e risparmierebbe ai polmoni dello sventurato cittadino della metropoli il 99% delle particelle nocive.
La forma peculiare di questo device ha ovviamente suscitato facili paragoni, quali Bane, il cattivo del terzo Batman di Nolan, o Darth Vader di Star Wars. Personalmente, non riesco a vivere questo device come una soluzione al problema dell’inquinamento delle città, o comunque come una buona notizia nella lotta all’inquinamento, e anzi lo percepisco come qualcosa di vagamente distopico. Come specchio della rassegnazione a uno stato di cose, l’allucinante inquinamento della gran parte delle metropoli umane.
Il pesce oggi, la boccata filtrata domani
Non riuscivo a tracciare il filo della mia inquietudine, fino a quando non ho capito che per accettare qualcosa come una soluzione a un problema, bisogna avere in testa chiaramente quale sia il problema in questione. E per me il problema non può essere: le città sono inevitabilmente inquinate oltre ogni soglia di guardia, e dunque l’innovazione tecnologica si fa carico di fornire al singolo degli strumenti per proteggersi.
Il problema dovrebbe invece essere: in che modo far sì che l’innovazione tecnologica, ma anche sociale, di governance, di visione, sia in grado di impattare positivamente i nostri modi di vivere le metropoli, in modo da scongiurare a livello sistemico il pericolo di diventare tutti la quarta scimmia: la scimmia che non respira. O che respira, appunto, attraverso uno strumento di protezione personale hi-tech.
Forse è lo stesso dilemma di sempre, del pesce o della lenza. Il primo sfama immediatamente, e in questo sta il suo appeal, la seconda no. Tocca imparare a usarla. Pazientare mentre lo stomaco gorgoglia. Però è la seconda che ti permetterà di risolvere il problema in maniera duratura. E potrai insegnare come usarla ad altri.
Ecco, forse è giusto che nell’attesa di una lenza, ci si sfami con un po’ d’aria filtrata. Ma forse no. Forse ci si accontenterà del pesce oggi e della boccata filtrata domani, perdendo di vista il vero obiettivo, anzi l’unico obiettivo degno di tal nome: sconvolgere le consuetudini urbane, produttive, legislative, comportamentali, per inquinare drasticamente di meno gli spazi che noi stessi abitiamo.
Se molte città del mondo sono avvolte dalle nebbie di costanti miasmi infernali, davvero l’obiettivo da porsi è imparare a respirare all’inferno?
Per approfondire, guarda gli episodi della nostra serie Pianeta Centodieci dedicati ai grandi temi contemporanei Sustainable Cities and Communities e Good Health and Well Being.