Mentre la nostra attenzione è concentrata sulla guerra in Ucraina, in molte parti del mondo le disuguaglianze aumentano.
Li dipingiamo come perenni adolescenti, li definiamo come la "generazione Peter Pan" che vive con la guida turistica dei locali trendy e l’app dei voli low cost, banalmente cosmopolita, sovreccitata, spesso viziata ed emotiva, figlia di genitori altrettanto fragili che non è disposta a nulla per una causa.Tanto meno a rischiare se non proprio la vita, nemmeno il denaro, per perseguire qualcosa. Bamboccioni privi del vecchio coraggio della giovinezza, con navigatore esistenziale GPS incorporato tarato per non perdere mai la via del ritorno a casa. Quella però di mamma e papà.
Se poi vogliamo aggravare ancora di più la reputazione dei Millennials, possiamo metterci anche i dati Eurostat 2017 secondo cui i giovani tra 25 e 34 anni che vivono ancora con i genitori sono il 28,5% (la media europea, quella italiana è 49,3%). Eppure stanno sin da ora iniziando a essere destinatari di un trasferimento di ricchezza probabilmente senza precedenti.
Uno studio del 2017 di UBS evidenziava che a livello mondiale il loro patrimonio potrebbe passare dai 17 trilioni di dollari del 2015 fino a 24 trilioni di dollari entro il 2020. Entro il 2050, nel solo Nord America si aspettano un trasferimento di ricchezza dalla generazione dei baby boomers a quella dei Millennials di circa 30 trilioni di dollari.
Saranno dunque la fetta più numerosa e facoltosa dei potenziali investitori. Quali scelte imporranno? Un cambiamento radicale di prospettiva.
Durante la scorsa edizione milanese del Global Thinking Foundation, Nina Gardner, della Johns Hopkins University ha spiegato che i giovani hanno un forte interesse verso la tutela del pianeta, sono sensibili alle questioni ambientali.
Tra i Millennials le decisioni per investimenti in imprese con obiettivi di sostenibilità sono due volte maggiori rispetto al totale della popolazione complessiva di investitori. Secondo i dati di una recente survey di Natixis Investment Managers condotta tra professionisti della finanza, investitori individuali, investitori istituzionali e fund buyer professionali, a differenza delle generazioni più anziane, il 56%, cioè la maggioranza degli investitori della categoria Millennials e una quota leggermente inferiore della generazione X (48%) hanno dichiarato di voler attribuire ai propri investimenti un impatto positivo sul mondo. Sulla stessa lunghezza d'onda solo il 41% dei Baby Boomer e il 30% della Silent Generation.
Sarà anche una generazione che fatica a lasciare il focolare natio, ma possiede un potenziale enorme ai fini del cambiamento. Una carica positiva che se messa a fattor comune attraverso relazioni orientate al Bene, e gli strumenti in un’era interconnessa non mancano, ciascuno nella propria sfera di conoscenze e d’azione, non tarderà a dare i suoi frutti.