Da pochi giorni sono rientrato dalla Sicilia, per l’esattezza da Gela (…chi non sa dell’esistenza di Gela alzi la mano), dove qualche sera fa ho avuto la fortuna di poter contribuire alla realizzazione di un evento che, insieme ai miei collaboratori, ho organizzato insieme a Fundatia Parada (…chi non sapeva dell’esistenza di Parada alzi la mano).
Per chi non conoscesse Gela ci rivediamo a settembre per l’esame di riparazione; scegliete voi se in Storia (della Magna Grecia) o in Geografia (della Sicilia occidentale). Per chi invece non conoscesse Fundatia Parada vi do io un piccolo contributo: si tratta di vera lotta all’indifferenza. Lo si fa con l’allegria ‘semplice’ di un naso rosso, con un filo di quella melanconia tipica delle arti circensi, con la forza della coerenza che deriva dal parlare solo di ciò che si è conosciuto veramente perché sperimentato nella carne e nello spirito, e col rispetto per una vita …che altrimenti rischierebbe di sfuggirti per sempre.
Miloud Oukili, clown franco-algerino di nascita, e’ il fondatore di Parada. All’inizio degli anni novanta, spinto dalla curiosità di assistere in diretta al cambiamento in atto in un paese che stava violentemente uscendo da un regime dittatoriale, è andato in Romania. Compagni di viaggio: una valigia e un naso rosso. Appena arrivato interviene con tutto l’impeto della sua sensibilità umana e artistica perché, forse più di altri, Miloud è in grado di cogliere la forza della diversità non come contraddizione ma come ricchezza; egli ha infatti vissuto e risolto sulla sua pelle lo scontro culturale tra una madre francese e un padre algerino.
Giunto a Bucaret – racconta Miloud – l’incontro con quella realtà inaspettata l’avrebbe segnato per sempre e spinto a portare la sua arte nei sottosuoli della città dove migliaia di bambini vivevano nascosti nei tombini. Il loro destino? Traffico di organi, prostituzione, violenza. La loro speranza? Sopravvivere.
La sua storia e’ stata raccontata da un bellissimo quanto (ahimè) tristemente intenso film di Marco Pontecorvo, “PA-RA-DA”, in cui tutto inizia con l’incontro nella stazione di Bucarest tra Miloud e Marian Milea, un bambino di 14 anni che da quando ne aveva 6, scappato di casa, viveva nell’inferno sottostante i tombini della capitale rumena.
Quest’anno, a distanza di pochi mesi, ho avuto la fortuna di poter incontrare e conoscere sia Miloud che Marian.
E’ stato un incontro che definirei sobrio ma eccezionalmente intenso, perfino un po’ crudo nel suo realismo posoliniano. A volte ti rendi conto che hai solo un’idea di quello che invece sta realmente accadendo la’ fuori, a pochi metri da te e …sotto di te, magari in un tombino.
Miloud mi ha donato la possibilità di darmi una misura: la misura della mia capacità di saper incidere nel mondo, per il mondo. Meno spesso di quanto vorrei mi scopro innamorato di una spasmodica ricerca di svariati modi per poter incidere il mondo fuori di me …possibilmente passando da quello dentro di me.
Più spesso, invece, mi ritrovo a fine giornata consumato dall’aver trascorro le mie ore di veglia completamente identificato in un’attività quotidiana erroneamente percepita come ripetitiva perchè meccanica e ipnotica, di cui non ho colto invece quelle peculiarità che l’avrebbero resa unica e irripetibile (come del resto essa è) se solo fossi stato più presente, più attento.
Questo mi accade quando, per la mia indifferenza, mi rilevo dalla responsabilità verso l’altro e verso l’insieme tutto, esattamente così come Miloud ci riporta alla nostra responsabilità di adulti verso i bambini.
[twittami]Non esistono bambini di strada, esistono bambini dimenticati in strada da adulti. Questi adulti siamo noi.[/twittami]
Un naso rosso, dunque, quale simbolo di un’infinita battaglia contro l’indifferenza, simbolo non solo di Parada ma anche del riscatto sociale, della possibilità di una rinascita.
Senza quel naso, forse, Marian Milea non sarebbe mai più uscito da quei tombini, non avrebbe mai raggiunto l’età di 34 anni, non sarebbe stato un artista applaudito dal pubblico perché capace di restare in equilibrio in cima alla piramide (…della vita?). E forse, non sarebbe stato del tutto.
La mia sensazione è che Marian sia rinato perchè Miloud era rinato. E anche nel racconto che Miloud fa di sè egli dice: “…avevo vent’anni nel 1992 e una grande voglia di salvare il mondo. Sono partito per la Romania, con la mia valigia da clown e dopo quattordici anni ho scoperto che io non sono stato in grado di salvare nessuno, ma sono stati i ragazzi che ho incontrato in strada a Bucarest a salvare me!”
Marian è stato forse il frutto di un atto consapevole e responsabile di un altro uomo, un seme che ora sta generando altri frutti che a loro volta genereranno altri semi. Marian è stato per me il dono di un mondo che fa accadere le cose.