Un uomo non dovrebbe mai essere considerato e trattato per ciò che accidentalmente è o è stato, ma sempre per ciò che consapevolmente vorrebbe, potrebbe …e quindi dovrebbe essere.
Questa è la breve storia di un dono, di un incontro inaspettato tra 1302 cuori: il mio, il suo, il loro. E quando il dono è sincero, puro, disinteressato, orientato al bene e all’utile, nell‘incontro non si distingue più chi dona e chi riceve, e si produce un’alchimia dove la reciprocità diventa il tutto.
“Fai del bene, non importa cosa diranno di te o del perché tu lo faccia, tu fai del bene!”
Questa volontà mi aveva ispirato per il mio ritorno a SanPa. Appena sono arrivato in comunità e ho reincontrato i 1300 ragazzi, nonostante non fossi tornato per parecchi mesi è stato come se non ci fossimo mai salutati. Siamo così ripartiti da dove ci eravamo lasciati, iniziando così, con una frase di un uomo, Patrizio Paoletti, a cui devo molto: “Fai della tua vita un dono, e fai di questo dono qualcosa di significativo per l’insieme”.
San Patrignano è una storia vera, e una vera storia può essere solo un storia vera. Anche Simona Atzori è una storia vera, una storia che volevo raccontare ai ragazzi di SanPa forse per raccontarla a me stesso, per l’ennesima volta. La storia di Simona è per me la storia del dono della possibilità, perché Simona è ‘la possibilità’ incarnata nella forma-corpo di una farfalla che vola senza ali. Simo è uno splendido essere umano che è donna, ballerina, movimento, silenzio. Simona ci ha mostrato che la ‘possibilità’ è un dono per chiunque possa ancora dubitare di poter essere padrone del proprio destino, capitano della propria anima.
Parafrasando la splendida Farfalla senza ali e aggiungendo del mio… Io non c’ero una volta. Io non ci sarò tra un istante o domani. Io ci sono adesso, ora, in questo istante. E la mia non è una favola. La mia favola è la tua favola. E le nostre favole sono uno spettacolo di vita. Amo qualsiasi espressione d’arte perché consente di comunicare direttamente, sotto il filo della coscienza, e di accedere al linguaggio della pelle d’oca, della pancia, delle strette allo stomaco, delle lacrime e del sorriso. Quel linguaggio è come un abbraccio, universale. Non importa se hai le braccia o non le hai, se sei lunghissimo o alto un metro e un tappo, se sei bianco, nero, giallo o verde. Ciò che importa è che tu sia.
E’ banale, ma un limite in realtà non è null’altro che qualcosa da superare. E la vita non fa null’altro che sfidarti al suo superamento. Il limite è quindi una sfida alla tua aspirazione di vedere cosa c’è dopo. A volte un limite può anche rimanere tale: un limite. Ma prima riconoscere e poi rispettare un limite non è una sconfitta, bensì una profonda consapevolezza, una presa di coscienza di dove sei, di cosa puoi. Un limite è il tuo più grande alleato perché ti aiuta a capire chi sei, quanto vali. E non si vale tanto o poco, si vale e basta, ciascuno per la sua misura.
Alcune cose si possono fare, altre non si possono fare, ma la maggior parte delle cose che non si possono fare in realtà sono fattibili in altri modi, ed è questa la possibilità che non ci concediamo mai: l’altra possibilità. Simona è l’altra possibilità, quella possibilità che solo noi possiamo concedere a noi stessi. Simona ha preso la sua vita nelle ‘sue’ mani, quelle mani che alcuni uomini chiamano ancora piedi, quei piedi che nessuno osa chiamare mani.
Questo il video del nostro incontro con la possibilità. Prenditi un tempo dai tuoi impegni, fai un respiro profondo, guardalo, e poi chiediti: Cosa mi manca per essere felice?