L'incontro organizzato a Fiume Veneto da PordenonePensa è stato un'occasione per confrontarmi con un pubblico attento e sensibile sul grande tema della sostenibilità nelle organizzazioni.
Può sembrare una notizia oramai vecchia quella delle manifestazioni senza mascherina e a beffa della distanza di sicurezza avvenute il 2 giugno scorso, ma per me non lo è, come non è per coloro che come me vedono in questi atteggiamenti la misura del fallimento al quale ci stiamo rapidamente avvicinando. Perseverando in questo atteggiamento falliremo nell’impresa più difficile che questa epoca ci ha riservato: riconoscere nell’incontro con l’altro, dunque nella sua salvaguardia, la nostra sola possibilità di trovare risposte a domande essenziali circa il futuro delle nostre società, dei nostri sistemi e finanche della nostra specie.
«Mi permetto di invitare, ancora una volta, a trovare le tante ragioni di uno sforzo comune, che non attenua le differenze di posizione politica né la diversità dei ruoli istituzionali. Le sofferenze provocate dalla malattia non vanno brandite gli uni contro gli altri» ha detto in un discorso alla nazione il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Perché «c'è qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite, qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l'unità morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l'uno dell'altro. Una generazione con l'altra. Un territorio con l'altro. Un ambiente sociale con l'altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo». Qual è dunque il principale strumento che abbiamo a nostra disposizione per mettere in discussione ciò che pensiamo di sapere? È l’educazione.
«L’unica via per la costruzione di un mondo di pace è l'educazione – sostiene il Dalai Lama – perché è l’unico strumento in grado di restituire all'uomo quei valori fondanti della sua natura che sono la compassione e l’attitudine al bene degli altri. La nostra capacità di costruire la pace è strettamente legata alle nostre emozioni. Il discrimine tra violenza e non violenza, tra pace e guerra, è nella nostra mente. È da lì che nasce tutto».
Ecco dunque che proprio la particolare complessità del nostro mondo, oggi più che mai dilaniato da tensioni sociali e crisi sia economica sia valoriale, ci richiede di manifestare questa nuova abilità ora. Dobbiamo esprimere un più alto livello di ascolto e maturare nuove comprensione. Dobbiamo investire maggiormente sulla ricerca in discipline come le neuroscienze e le forme più evolute della psicologia e della pedagogia, poiché consentirebbero all’uomo di approfondire la conoscenza del funzionamento del proprio cervello e delle proprie emozioni.
Mi auguro dunque di veder avviare un programma di istruzione di tipo laico, che parta dalle scuole e continui nelle aziende, che sostenga gli individui in un percorso di conoscenza del Sé, alleggerendolo dall’effetto di una morale che per secoli ci ha precluso la conoscenza dei processi che governano il funzionamento delle nostre emozioni e dei nostri pensieri. Un simile processo favorirebbe la costruzione di una responsabilità allargata e condivisa.
Dobbiamo affrettarci a educarci a credere nell’equilibrio dell’insieme mettendo al bando l’individualismo, la furbizia, l’opportunismo, la prevaricazione e il capitalismo vorace a vantaggio del giusto profitto, dell’educazione e della sensibilità. Dobbiamo affrettarci a educarci alla Gratitudine.