Nell’epoca dominata dal LOL, ridiamo di tutto e senza ritegno né misura, dal racconto d'estate di Elkann al presidente degli USA che stringe la mano a un amico immaginario.
Pandemia non sempre fa rima con crisi. Mentre l’ironia che corre sul web si sbizzarrisce nel trovare nuovi modi per definire il sadismo con il quale questo 2020 si sta accanendo sull’umanità, in realtà ci sono molti soggetti che grazie alla pandemia e proprio quest’anno hanno portato a casa il miglior risultato di sempre. Il che vuol dire che sono cresciuti e che ovviamente hanno fatturato.
Leggevo recentemente un servizio sui numeri di Twich, la piattaforma Amazon di livestreaming focalizzata principalmente sui videogiochi, che può ben considerare quest’anno come l’anno dei miracoli. Il risultato ottenuto, nel solo periodo da gennaio a maggio, è il record di sempre in fatto di utenti unici attivi al giorno: 22,7 milioni.
Stiamo parlando di volumi globali di ore viste, e di relativi annunci pubblicitari cliccati e fatturati, che rientrano nell’ordine dei biliardi. Un numero che non saprei neanche scrivere tanto è grande.
Ma non sono qui per criticare né per sottolineare questioni commerciali o di business o di mercato, né tantomeno per stigmatizzare il colosso o i colossi del digitale che ci stanno conducendo al galoppo in un regime monopolistico dal quale già governano sulle nostre vite. Mi interessa di più trattare il tema in termini più alti e dove può ancora esistere una maggiore autonomia decisionale individuale e collettiva, portandolo sotto una lente assoluta, quella che ha a che fare con l’uso consapevole delle nostre esistenze.
Per quanto siamo abituati a remotizzarlo da noi, a dimenticarci volutamente che scorre senza posa e a occuparlo con micro-questioni e micro-affanni, il tempo non è solo una faccenda filosofica distante da noi. Il tempo siamo noi. Noi siamo fatti di tempo. Il tempo è la misura della lunghezza della nostra vita ma è anche la misura della sua qualità.
Ma prima di scendere verticalmente in queste riflessioni e per supportarle con un dato statistico, ci sono alcuni numeri che dobbiamo tenere a mente: al mondo siamo in 7,81 miliardi. Di questi, 5,20 miliardi usiamo lo smartphone, 4,66 miliardi siamo utenti internet, 4,14 miliardi usiamo i social. Più di 9 utenti su 10 ci connettiamo a internet da dispositivi mobili, due terzi però continuiamo a utilizzare anche il computer. Quando ci concentriamo sui social, preferiamo affidarci a telefonini. Solo 1 persona su 5 usa invece il computer.
Basta un rapido calcolo per capire che investiamo in rete una mole di tempo abnorme. Secondo i più recenti dati di GlobalWebIndex tra aprile e giugno di quest’anno, l’utente web tipo ha trascorso quasi 7 ore al giorno usando device connessi. E in questo contesto i social occupano circa un terzo del tempo con una media di circa 2 ore e mezzo al giorno.
In totale al momento l’umanità trascorre oltre dieci miliardi di ore ogni giorno usando i social, oltre un milione di anni!
Come minimo dobbiamo chiedersi se non abbiamo perso la consapevolezza del nostro ruolo nel mondo, sottovalutando la nostra responsabilità individuale nei confronti delle sorti dell’intera popolazione terrestre.
Trovo estremamente preoccupante questo assottigliamento costante delle nostre coscienze. Lo trovo molto preoccupante soprattutto di fronte agli straordinari ultimi eventi che tra l’altro si sono innestati in un’epoca già densa di cambiamenti la cui incombenza sembra importarci poco.
Se non torniamo alla consapevolezza che le nostre esistenze altro non sono se non un andare verso un destino comune capace di impattare sul presente e sul futuro nostro e delle generazioni successive. Se non interveniamo tempestivamente, impiegando il nostro tempo, inteso come metro di misura e come qualità dell’impresa nella quale lo impieghiamo, il futuro potrebbe riportarci a una condizione di homo homini lupus in cui superficialità, ignoranza ed egoismi annienteranno il nostro progresso e renderanno del tutto superflui ed inutili le potenzialità inimmaginabili della nostra specie e della tecnologia stessa.
Sta ancora a noi valutare se permettere che l’ecosistema digitale in cui siamo immersi finisca con l’inglobarci oppure diventare società capaci di usare queste straordinarie innovazioni per salvare noi stessi e il Pianeta.