Mesi fa ho affrontato un momento di grande intensità emotiva nella mia vita. Un momento in cui ho dovuto necessariamente confrontarmi con me stesso, senza avere quella possibilità di fuggire che spesso la vita di tutti i giorni ci concede nei momenti di difficoltà.
Per intenderci, l’intensità non era dovuta tanto al fatto di dovermi confrontare con me stesso quanto al fatto che quello che credevo essere ‘me stesso’ in realtà, per un tempo, era forse stato un altro. Un altro Oscar? Sì…un altro Oscar!
“Vi è mai capitato di accorgervi di non essere uno ma più di uno? O addirittura molti, se non moltissimi?”
Nel mio caso, ho scoperto un Oscar che prende impegni e sigla accordi e un altro/i Oscar che, quando giunge il tempo di rispettare tali impegni, non essendo stato lui a sottoscriverli, se ne disinteressa o non li rispetta del tutto perché la cosa è come se non lo riguardasse affatto! Accade anche in piccoli momenti della quotidianità: quando diciamo cose che non avremmo voluto dire o facciamo cose che non avremmo voluto fare. Oppure quando non diciamo o non facciamo cose che invece avremmo dovuto (o voluto) dire o fare. Sembrerebbe un semplice (?!) sdoppiamento ma in realtà si tratta di una moltitudine di “Io”.
E ciò che più incuriosisce è che, quando non manteniamo l’accordo, c’è sempre una buona ragione pronta a sostenerci nella pratica viziosa dell’arte della giustificazione e della normalizzazione. Capita anche a te?
E’ un processo di cui ho osservato per lunghissimo tempo la meccanicità, e da cui sto ora cercando di liberarmi dedicandomi alla pratica virtuosa dell’arte della ri-unificazione.
Tornando ai fatti… Mesi fa mi sono dovuto confrontare con un Oscar che si era affidato a consigli sbagliati, dati da persone sbagliate che perseguivano obiettivi sbagliati. Un Oscar superficiale e pessimo calcolatore del rapporto causa-effetto di una scelta da prendere.
La cosa peggiore è quando si ignora l’esistenza di una regola e si agisce, prendendo decisioni, senza invece occuparsi preventivamente di conoscere lo scenario in cui quella regola si colloca. Nello specifico, mi tornano in mente le parole attribuite a Sun Tzu, un generale cinese, vissuto in Cina probabilmente fra il VI e il V secolo a.C., ritenuto il più celebre stratega militare che la nostra specie abbia mai conosciuto. Nel suo testo più celebre, “L’Arte della Guerra”, tuttora studiato nelle più importanti accademie militari, egli dichiara:
“Chi calcola molto certamente vincerà.
Chi calcola poco avrà esito incerto.
Chi non calcola affatto certamente perderà”
Deduco che, se quando tu decidi tu non ci sei (perché non sei uno ma molti), tu certamente perderai!
L’inganno è che spesso calcoliamo così poco anche nelle piccole cose della quotidianità, e siamo così approssimativi, che quando poi si tratta di fare importanti scelte ci scopriamo pessimi calcolatori e strateghi.
Quanto mi è accaduto qualche mese fa è stato diverso: mi sono scoperto completamente sdoppiato ma, a differenza di tante altre volte in passato in cui molti alibi mi erano venuti in soccorso e molte distrazioni mi avevano portato via, rapendomi dall’intensità del momento, questa volta era diverso. Tutto era scolpito in maniera così evidente che nessuna di quelle vie di fuga potevano più soccorrermi. E a nulla e nessuno interessa che tu non volevi, non sapevi, non potevi.
“Se ti affidi alle persone sbagliate, sbagli.
E se sbagli, paghi.”
Ciò che di più entusiasmante c’è in tutto questo è che più paghi più puoi comprendere. Sottolineo: “puoi” comprendere. Poco conta quale sia stato l’accaduto; poco conta se mi sia sentito tradito e vittima di una situazione prodotta da altri che mi hanno ingannato; poco conta quale fosse la mia interpretazione personale della scelta da prendere. Per il Mondo fuori di noi contano solo i fatti, e non fa differenza ‘chi’ li abbia compiuti o ‘perché’ (volontà, ignoranza o distrazione che sia).
La cosa più complicata da gestire è quando un’esperienza di sofferenza avviene in relazione al proprio sistema di ‘valori’. Ed è difficile scoprirsi non aderente a un valore in cui eri convinto di credere. Se e quando ciò accade, l’auspicio è proprio quello di essere giudicati dal mondo fuori di te perché è l’unico modo per non avere vie di scampo ed essere costretti a guardarsi allo specchio. E finalmente vedersi…individuandosi.
Poco conta cosa si è fatto, tanto più se la cosa non è oggettivamente particolarmente grave; conta invece quanto questa cosa ‘vale’ per te, e soprattutto conta l’aver capito qualcosa di nuovo su ‘come’ funzioni (ad esempio ‘Chi’ decide in te, per te).
Credo infatti che noi si sia nati per imparare. Imparare attraverso un processo di autoconoscenza praticabile grazie a un mix di studio + osservazione della vita esperienziale, e a una successiva messa in pratica di quanto appreso. Un tutto che ci porta a essere migliori di come (e quando) siamo stati ‘consegnati’ a questa vita.
Questa la frase che, nel momento più intenso della sofferenza, mi è venuta in salvo e mi ha consentito di resettare tutta l’esperienza vissuta:
“Non è importante cosa hai fatto.
Non è importante cosa è successo.
E’ importante cosa hai compreso di ciò che è successo”.
Su cosa hai fatto e su cosa è successo, infatti, sarà il mondo a giudicarti. Su quanto hai compreso da tutto questo sarà invece una questione solo tra te e lo specchio. In ogni istante della vita in cui accidentalmente potremmo doverci specchiare, bisogna fare in modo di riflettere nello specchio di fronte a noi l’immagine più alta e nitida che ciascuno di noi può esprimere di sé stesso in quell’istante.
Tu ci sei? Perché io ho osservato che solo quando io ci sono, allora posso comprendere. Se invece io non ci sono, il caso, l’accidente, comprenderà per me, ma senza che io possa trarne alcun vantaggio se non casuale. E’ come vivere da morti.
La comprensione è ciò che veramente resta, ciò che si può condividere di un’esperienza; perché solo una vera comprensione diventa poi un riferimento reale per i nostri pensieri e le nostre emozioni e, penetrando nella nostra carne, diviene un segno indelebile che ci accompagnerà per sempre. Benedici dunque quel giorno in cui ti dovessi accorgere pienamente (mente, cuore, corpo) di aver tradito un valore in cui credevi (…di credere). Quel giorno in cui il mondo ti scoprirà nella nudità di questo tradimento, mettendoti davanti a uno specchio di cui non potrai in alcun modo negare l’immagine riflessa, potresti comprendere la differenza che intercorrere tra la condizione pre- e la condizione post- tradimento. Ti potresti così accorgere della bellezza che c’è tra il predicare un valore e l’incarnarlo.
Nel mio caso, questa comprensione è stata generata proprio dalla sofferenza provata davanti allo specchio, e dalla prospettiva di una vita privata di alcuni di quelli che ritenevo alcuni dei suoi valori fondanti: l’Onestà, la Fiducia, la Trasparenza. Condizioni per me necessarie per essere accolti da coloro ai quali desideri affidarti, nonché condizioni necessarie perché qualcuno decida di affidarsi a te. E una volta compresa la mia condizione, sento ora di poter parlare di ‘quel’ valore con maggiore consapevolezza e coerenza.
Mi congedo con parole di chi, ben più di me, ha compreso le regole (o forse le …leggi?) che tutelano i processi che governano questo Pianeta. Una prospettiva è di ispirazione scientifica…
“Bisognerebbe evitare di predicare ai giovani il successo nella solita forma, come lo scopo principale della vita. Il motivo più importante per lavorare a scuola e nella vita è il piacere nel lavoro, il piacere nel risultato, e la consapevolezza del valore del risultato per la comunità. La preoccupazione dell’uomo e del suo destino devono sempre costituire l’interesse principale per tutti gli sforzi tecnici. Non dimenticatelo mai in mezzo a tutti i vostri diagrammi e le vostre equazioni. Fate le cose nel modo più semplice possibile, ma senza semplificare. Cerca di diventare non un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore.” (Albert Einstein – durante una lezione all’università)
L’altra è di ispirazione filosofico-religiosa…
“Ciò che semini, raccoglierai. Non dimenticarlo. Da ciò che fu viene ciò che è e ciò che sarà. Lo schiavo può nascere Principe per le virtù che ebbe. Il Regnante può tornare in veste di straccione ed errare senza pace per ciò che fece o non fece. Colui che ha rubato restituisce; colui che uccide sarà ucciso. Abbi dunque la forza di sopportare ogni pena per pagare il tuo debito. Ricorda che ciò che farai, a te sarà fatto. I frutti ti seguiranno nel cammino.”
Infine, un’altra ancora di ispirazione filosofico-morale…
“Un essere diventa veramente morale soltanto quando in lui si risveglia la sensibilità a tutto ciò che è collettivo, universale, cosmico. Questa facoltà gli permette non solo di entrare nell’anima e nel cuore degli altri, ma anche (se gli capita di farli soffrire) di provare egli stesso il dolore che infligge a quegli esseri, e di conseguenza egli cerca di riparare. Un giorno, gli esseri umani dovranno capire che tutto quello che fanno agli altri (il bene come il male) è anche a sé stessi che lo fanno. In apparenza, ogni essere è isolato, separato dagli altri, ma in realtà, sul piano spirituale, qualche cosa di lui vive in tutte le creature, in tutto l’Universo. Se questa coscienza universale si è risvegliata in voi, nel momento in cui agirete ai danni di qualcuno, sentirete che state facendo del male anche a voi stessi. E avviene altrettanto quando date il vostro aiuto e il vostro amore agli altri. Ecco il fondamento della morale: l’uomo inizia a percepire dentro di sé il male e il bene che egli stesso fa a sé o agli altri.” (Omraam Mikhaël Aïvanhov)