Da quando nel settembre scorso è uscito il mio libro, “Il tempo dei nuovi Eroi” (ed. Mondadori), ho iniziato a girare l’Italia per rispondere a tutti gli inviti che ricevevo per andare a presentarlo e parlare di questa rivoluzione che secondo me è divenuto essenziale mettere in atto in questo preciso momento storico che sta vivendo non solo il nostro Paese ma il mondo intero, in cui diviene necessario saper ben-orientare (orientare a il Bene) il processo di cambiamento a cui tutti e tutti stiamo venendo esposti. Condizione propedeutica affinché tutto questo abbia buon esito sarà la volontà, di ciascuno singolo individuo, di voler recitare un ruolo attivo nel contribuire a questo cambiamento nel rispetto degli interessi di tutti, e subito dopo divenirne primi promotori e promulgatori. Esso infatti andrà innanzitutto condiviso e trasformato, e poi offerto in omaggio agli altri, trasformando la nostra stessa vita in un dono significativo per l’insieme: questo è il principio di base di quella che ho chiamato Economia 0.0.
Dopo alcuni incontri fatti anche all’estero negli ultimi ventiquattro mesi (in Europa, Nord America, Sud America e Giappone), in questo mio peregrinare italico sono stato a tutte le latitudini e longitudini del nostro Paese, passando per molti luoghi, incontrando migliaia di persone di qualsiasi età, provenienza geografica, estrazione sociale e orientamento politico o religioso; ma soprattutto ho potuto ascoltare moltissime delle loro storie. Ho così potuto vivere la nostra Italia dal suo interno, raccogliendo suggerimenti, ricevendo provocazioni e obiezioni a queste idee, ma soprattutto ho potuto avere l’ennesimo riscontro – caso mai fosse necessario – che l’Italia ha un potere enorme ancora inespresso che rischia di restare compresso oltre ogni inimmaginabile misura di buon senso. Un potere che affonda le sue radici nelle qualità del nostro Popolo, quasi inavvicinabili per qualsiasi altro abitante del nostro Pianeta. Un potere che aspetta solo di essere ridestato dalla condivisione collettiva di un grande Ideale universalmente condiviso, purché esso venga poi incarnato nelle nostre vite in Valori assoluti a cui dare forma grazie alle nostre piccole azioni quotidiane.
Tutto questo è stato per me fonte di ispirazione ma soprattutto di una profonda consapevolezza ed emozione che mi hanno costretto, con amorevole violenza, a dovermi assumere la mia parte di responsabilità. In particolare, penso ad esempio al mini-tour che ho intrapreso in Sicilia, e che nell’arco di tre momenti concentrati in poche settimane mi ha portato a circumnavigare l’isola, per terminare con un bellissimo evento tenutosi in centro a Palermo dove sono stato accompagnato dalle gesta di tre artisti nati nel capoluogo siciliano: Stefania Blandeburgo, nota attrice, ha letto dei brani del libro; la giovane cantautrice Giulia Catuogno (in arte ‘Mei’) mi ha accompagnato con le note della sua musica; e Alessio Arena, giovane poeta che a soli vent’anni è già candidato al Premio Nobel per la letteratura, ha letto tre sue poesie..
Quando è balenata l’ipotesi di parlare de “Il tempo dei Nuovi Eroi” in questa meravigliosa terra, mi è venuta una folgorazione: perché non averci pensato prima?!! La Sicilia è la terra eroica per antonomasia: affonda la sua solare bellezza nella classicità dei miti greco-romani; ha dimostrato nei secoli una capacità resiliente di sopportare gli urti delle invasioni e di farsi ricca della multiculturalità che l’ha attraversata e contraddistinta; e nella storia recente, spesso preda di cancri criminali che sembrano impossibili da sradicare del tutto, ha dato i natali a personaggi pubblici e a rappresentanti della nostra cultura, sia artistica che imprenditoriale, che noi tutti dovremmo considerare veri e propri eroi nazionali. Solo ripercorrendo le leggende antiche, capiremmo quanto il territorio siciliano sia ammantato di un misticismo eroico: penso ad Ulisse, che qui sconfisse Polifemo, che dimorava ai piedi dell’Etna (secondo altre versioni nelle Egadi), e poi sfidò indenne il passaggio dello Stretto di Messina, popolato dai mostri Scilla e Cariddi; oppure all’intrepido Re Cocalo, che ospitò Dedalo dopo la fuga dal labirinto del Minotauro, facendosi costruire l’inespugnabile fortezza di Camico. E ancora, in tempi recenti, c’è la storia di Colapesce, giovane dall’abilità di stare a lungo sott’acqua; sfidato da Federico II di Svevia, notò che l’isola era sorretta in profondità da dei pilastri, di cui uno stava per cedere, quindi rimase sommerso a sorreggerla al suo posto. Tutte storie di suggestiva fantasia, certamente, ma la Sicilia rimane proprio per questo la terra perfetta per parlare di Eroi, e soprattutto di eroi come li intendo io: gli eroi che condividono il sogno e l’ideale di un futuro basato sulla sostenibilità, sulla conoscenza di sé, sull’apertura al dialogo e alla crescita partecipata. Eroi che vivano la propria esistenza perseguendo l’unico vero Bene che è la Pace.
In un momento in cui mancano riferimenti forti nella quotidianità della politica, della religione e della cultura in genere, l’uomo ritrova in sé stesso le armi che l’hanno forgiato fin dagli albori: il coraggio, la concretezza, la gentilezza e la voglia di superare i propri limiti. Non a caso uno dei più grandi pregiudizi che mi trovo ad affrontare quando parlo di “Nuovi Eroi” è proprio la concezione che questi siano solo delle persone straordinarie, eccezionali, che nascono una volta ogni secolo su questa nostra Terra. Un po’ forse sarà anche vero, …lo so, ma non è del tutto così! Almeno non più, almeno non in questa nuova Era. Il cambiamento e la suggestione che vorrei offrire alle migliaia di viandanti che sto incontrando lungo questo mio viaggio è proprio lo sradicamento di questo concetto: non aspettare più che siano gli altri a rivelarsi con il loro eroismo; sii tu stesso il fautore della tua straordinarietà e divieni Eroe di questo Nuovo Tempo. Diveniamo quell’Eroe che abita già, da tempo immemorabile, nelle profondità del nostro cuore. Non deleghiamo più ad altri la responsabilità sulle nostre vite e sul destino della nostra Collettività, bensì rimettiamo nelle nostre mani questa responsabilità.
Perché non possiamo più rilevarci dal dare il nostro contributo? Io la risposta l’ho trovata in uno dei miei tanti viaggi alla ricerca di una maggiore consapevolezza del mio ruolo nel mondo, in cui mi è capitato di ascoltare una frase che mi ha letteralmente folgorato: “Per te c’è un piano molto più grande di quello che tu hai fatto per te stesso“. Cavolo! – …mi dissi – questa è una verità assoluta, universale, che vale per ognuno di noi, da qualsiasi punto noi si sia partiti, qualsiasi siano le nostre origini e il nostro background, qualsiasi sia l’ambiente sociale e culturale che ci ha cresciuti ed educati. Tutti possiamo divenire Nuovi Eroi perché quello che conta è la determinazione a fare propri i valori della condivisione e del cambiamento.
Come dico sempre, “Non c’è vita che non meriti di essere raccontata; non c’è racconto che non meriti un Eroe; non c’è Eroe che non sia guidato da un grande scopo, ispirato da un grande ideale e da grandi valori che vengono incarnati quotidianamente in grandi-piccole azioni coraggiose”. Sono sicuro che questo pensiero, che vale comunque per qualunque Popolo e qualunque Uomo sulla Terra, valga ancora di più per il nostro Popolo e il nostro Paese che è sempre stato culla di una storia e di una tradizione fatta di grandi donne e uomini che hanno dimostrato al mondo intero, nei secoli, l’unicità delle nostra prontezza e acutezza nel recitare un ruolo attivo in occasione dei vari grandi cambiamenti sociali e culturali che hanno scandito la storia secolare dell’intero continente europeo. Così, come una stella ha bisogno del buio per poter splendere, oggi l’Italia ha bisogno di ciascuno di noi per tornare ad essere sé stessa.
L’occasione che il destino ci ha offerto è grandissima: il mondo sta per compiere l’ennesimo salto epocale. Qualcuno vorrebbe illuderci che si tratti di un salto di natura tecnologica, altri che lo sia sociale o politico o religioso o culturale in genere. Ci perdiamo così in confronti su tematiche certamente attuali ma assolutamente periferiche rispetto alla domanda che il momento storico ci pone; ritrovandoci in consessi istituzionali per parlare del futuro dell’industria, della politica, della religione, dell’educazione, del lavoro, delle politiche sociali, dell’immigrazione, dei mercati finanziari, delle nuove generazioni, e facendolo usando codici di comunicazione come ad esempio la declinazione “4.0”, senza aver però mai riflettuto prima sulle dimensioni 1.0, 2.0 o 3.0 di questi ambiti della nostra vita. E farlo in questo modo ci illude di star parlando del nostro futuro, e magari di farlo anche in maniera cool and sexy, come direbbero uomini di marketing e comunicazione come me. Ci dimentichiamo così dell’unica vera condizione su cui dovremmo tutti riflettere e confrontarci: quella 0.0.
Parlando di Economia con questa accezione (Economia 0.0) non ho però mai avuto la presunzione di teorizzare l’ennesimo principio economico; si tratta piuttosto di una suggestione, un invito, una provocazione gentile a fare insieme delle riflessioni. Viviamo in un mondo, infatti, nel quale oramai si fa a gara a mettere un 3.0 o un 4.0 a qualsiasi cosa. Si è parlato così, di Industria 4.0, all’ultimo bellissimo convegno organizzato da Confassociazioni e tenutosi a Roma, dove ho avuto l’onore di partecipare come relatore. Ci siamo illusi di parlare dell’industria del futuro, in cui molti sono intenti ad andare velocissimi, ma pochi sono attenti a domandarsi dove si stia andando. Io, da studioso dell’innovazione, da cultore dell’esponenzialità e della singolarità della tecnologia, credo che oggi sia soprattutto importante mantenere un focus sull’orientamento che daremo a questa velocità.
Da qui la mia provocazione di un’Economia (0.0) che non sia un rallentamento o un andare indietro, bensì un andare dentro, un ritorno velocissimo al centro, alla dimensione valoriale e universalmente ideale; un invito a rimettere l’uomo al centro di tutti i progetti economici, scientifici, artistici, in quanto scopo ultimo di tutte le discipline in cui ci misuriamo quotidianamente. E rimettere queste ultime – per prima l’economia stessa – nel proprio ruolo naturale di mezzo al servizio dell’Insieme e delle singole parti che lo costituiscono: esseri umani, collettività, pianeta.